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Le opere da approfondire in basilica San lorenzo e Cappelle Medicee

Non di meno morì pieno di gloria, e con grandissimo nome nella città e fuori. Tutti i cittadini e tutti i principi cristiani si dolgono con Piero suo figliuolo della sua morte, e fu con pompa grandissima da tutti i cittadini alla sepultura accompagnato, e nel tempio di San Lorenzo sepellito, e per publico decreto sopra la sepultura sua PADRE DELLA PATRIA nominato. Se io, scrivendo le cose fatte da Cosimo, ho imitato quelli che scrivono le vite de’ principi, non quelli che scrivono le universali istorie, non ne prenda alcuno ammirazione, perché, essendo stato uomo raro nella nostra città, io sono stato necessitato con modo estraordinario lodarlo.»(Machiavelli, p. 573)

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Tomba di Cosimo dei Medici. Autore: Andrea Verrocchio

4luglio1442 STELLE E PIANETI S. LORENZO.

Cupola della sagrestia vecchia. autore: Donatello

Dal transetto sinistro si accede alla Sagrestia Vecchia in cui al genio di Brunelleschi si unì quello di Donatello. La Sagrestia ha la forma di un cubo, sormantato da una cupola. La cappella, dedicata a San Giovanni Evangelista, è divisa in 12 spicchi.

La volta affrescata riproduce la posizione delle stelle e dei pianeti su Firenze, la notte del 4 luglio del 1442. Sono di Donatello gli il fregio con i Cherubini e serafini, i tondi degli Evangelisti nelle pareti e quelli con le Storie di San Giovanni Evangelista nei pennacchi della cupola.

Sempre Donatello realizzò i battenti delle porte. Sulla parete sinistra c’è il monumento funebre a Giovanni e Piero de’ Medici, figli di Cosimo il Vecchio, commissionati al Verrocchio nel 1472 dai figli dello stesso Piero, Lorenzo il Magnifico e Giuliano de’ Medici.

 

Lo sfarzoso ambiente ottagonale è largo 28 metri ed è sormontato dalla cupola di San Lorenzo, che raggiunge un'altezza di 59 metri, la seconda per maestosità in città dopo quella del Brunelleschi.

Fu ideata da Cosimo I, ma la sua realizzazione si deve al suo successore Ferdinando I, che incaricò, quale responsabile della fabbrica,, l'architetto Matteo Nigetti, 1604 su disegno di Don Giovanni de' Medici, fratello dello stesso granduca. Lo stesso Buontalenti intervenne modificando in parte il progetto.

Lo sfarzo abbagliante è dato dai ricchissimi intarsi in commesso fiorentino, per la realizzazione dei quali fu creato l'Opificio delle pietre dure. Questa arte, tuttora praticata soprattutto nella decorazione di mobili e vasi, trovò qui il suo apice, anche se il tono funebre dell'opera fece scegliere i colori più smorzati e cupi con porfidi e graniti. Nella zoccolatura invece si usarono pietre dure più colorate, nonché la madreperla, i lapislazzuli e il corallo per riprodurre gli stemmi delle sedici città toscane fedeli alla famiglia dei Medici.

Nelle nicchie sarebbero dovute entrare le statue dei granduchi, anche se furono poi realizzate soltanto quelle per Ferdinando I e Cosimo II, opere entrambe di Pietro Tacca eseguite tra il 1626 ed il 1642.

Gli altri sepolcri granducali appartengono a Cosimo I (1519-1574), Francesco I (1541-1587) e Cosimo III (succeduto a Ferdinando II, 1643-1723). Al centro dell'atrio, nelle intenzioni dei committenti, doveva trovarsi il santo Sepolcro, sebbene i vari tentativi di comprarlo o rubarlo a Gerusalemme fallirono.

I sarcofagi sono in realtà vuoti e le vere spoglie dei granduchi e dei loro familiari (una cinquantina fra maggiori e minori) fino a Anna Maria Luisa de' Medici (ultima erede della dinastia, 1667-1743), sono conservate in semplici ambienti nascosti dietro le mura, nella cripta del Buontalenti.

Da dietro l'altare si accede ad un piccolo vano dove sono esposti altri preziosi reliquiari, alcuni dei quali donati alla città da Leone X.

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Cappella dei principi

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Cupola cappella dei principi

Fu Anna Maria Luisa, ultima erede della dinastia, a volere la conclusione dei lavori. Durante la sua vita infatti fu affrescata la cupola mai conclusa nei costoloni e nella lanterna, mentre la decorazione a mosaico prevista all’origine fu sostituita da una ad affresco realizzata solo più tardi (1828-37) dal pittore neoclassico Pietro Benvenuti (1769-1844)con quattro episodi tratti dalle storie della Genesi (la Creazione di Adamo ed Eva, il Peccato originale, la Morte di Abele, il Diluvio Universale) e altrettanti episodi tratti dal Nuovo Testamento (Natività, Crocifissione, Resurrezione e Giudizio Universale). Nell’anello finale, diviso in ottagoni vi sono le immagini dei quattro Evangelisti (Giovanni, Luca, Marco, Matteo), e le quattro figure dei Precursori (Mosè, Aronne, David e San Giovanni precursore.

Il Museo delle Cappelle Medicee di Firenze presenta un nuovo capitolo nella storia della Sagrestia Nuova, il celeberrimo ambiente che Michelangelo Buonarroti (Caprese, 1475 - Roma, 1564) progettò nel 1519 su incarico di papa Leone X e per tramite del cardinale Giulio de’ Medici: l’ambiente, speculare alla Sagrestia Vecchia di Filippo Brunelleschi, di cui ha lo stesso impianto e le stesse dimensioni (seppur un’articolazione totalmente differente), si trova nella Basilica di San Lorenzo e fu concepito dal grande scultore toscano per avere un’illuminazione funzionale a dare risalto a tutto l’impianto (in particolare, la luce arriva dall’alto tramite la lanterna che chiude la cupola, e attraverso le finestre sui lati nord, est e ovest, e il finestrone del lato sud. La Sagrestia Nuova, lasciata incompiuta nel 1534, fu poi ripresa nel 1556 (quando Michelangelo si era ormai trasferito a Roma) da Giorgio Vasari (Arezzo, 1511 - Firenze, 1574) che portò a termine il progetto di allestimento e sistemò le tombe di Lorenzo il Magnifico e di suo fratello Giuliano de’ Medici nel sarcofago dove sopra avrebbe posto la Madonna di Michelangelo e i santi Cosma e Damiano realizzati il primo da Giovanni Angelo Montorsoli e il secondo da Raffaello da Montelupo (le altre tombe, quella di Lorenzo duca d’Urbino e Giuliano duca di Nemours, omonimi dei magnifici e rispettivamente fratello e nipote di Leone X, erano state sistemate da Michelangelo).

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Sagrestia nuova di Michelangelo

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Tomba di Lorenzo il Magnifico e suo fratello giuliano sormontata da Madonna col Bambino di Michelangelo  e i santi Cosma e Damiano realizzati il primo da Giovanni Angelo Montorsoli e il secondo da Raffaello da Montelupo 

Nella Sagrestia Nuova, Michelangelo mise a frutto l’esperienza romana, ricordando il coro di San Pietro di Bramante, la chiesa di Sant’Eligio degli orefici di Raffaello, la Cappella Chigi a Santa Maria del Popolo, e soprattutto il grande oculo del Pantheon che ancora oggi dona chiara e costante leggibilità alle modanature architettoniche, sottolineate quasi esclusivamente da ombre orizzontali. Accanto alla luce diffusa, c’è poi quella prodotta dalle finestre che, con il passare del giorno, nella variazione delle stagioni, lascia penetrare luci differenti che fanno da commento ai gruppi scultorei. Questa seconda luce non interferisce troppo con quella diffusa e con la leggibilità del monumento, ma produce due tipi di effetti, uno diretto, l’altro indiretto, attraverso i rivestimenti marmorei messi in opera da Michelangelo che, dando origine a una serie di rifrazioni, hanno un peso rilevantissimo nella lettura generale. In particolare, si produce una varietà di quelle che in gergo tecnico sono definite fonti secondarie, difficili da immaginare senza delle misurazioni oggettive (time lapse). Il risultato è l’irraggiamento indiretto delle statue, come avviene in quella della Notte, che durante certe ore è illuminata dal basso, grazie alla rifrazione sul rivestimento marmoreo inferiore destro della parete est. Più in generale, si può osservare come l’andamento dei raggi del sole, attraverso le finestre e il lanternino, produca straordinari effetti di rifrazione, tanto che al mattino la statua dell’Aurora viene illuminata anche da dietro, attraverso il riflesso dal marmo retrostante dove batte direttamente la luce.

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Madonna Medici   Michelangelo

Dal carteggio michelangiolesco e altri documenti si apprende che la Madonna col Bambino, detta Madonna Medici, fu tra le prime statue ad essere iniziate per il complesso della Sagrestia Nuova già nel 1521. Nel 1526 risultava ancora in lavorazione e nel 1534, quando Michelangelo partì definitivamente per Roma, venne lasciata nel presente stato incompiuto e trasportata in Sagrestia dal Tribolo, che montò anche le altre statue sui sarcofagi.

Esistono alcuni disegni preparatori databili al 1524 circa (British Museum n. 1859-6-25-570 e Graphische Sammlung Albertina n. 152), che mostrano un gruppo meno compatto, con le gambe della Madonna parallele tra loro.

Lo schema compositivo ha diverse analogie col bassorilievo giovanile della Madonna della Scala. La Vergine si trova seduta su un blocco di marmo più o meno cubico e allatta il Bambino che si gira verso di lei con una pronunciata torsione, nascondendo il volto allo spettatore. Questo movimento, insieme con le gambe intrecciate di Maria, genera un vorticoso dinamismo, che è bilanciato dalla testa inclinata della Vergine, analogamente a quanto avviene anche nel Genio della Vittoria più o meno coevo.

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Santi  Cosma  e Damiano  

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Tomba Giuliano di Nemours con il Giorno e la Notte

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Tomba di Lorenzo D'Urbino con l'Aurora e il Crepuscolo

 La statua centrale del monumento rappresenta proprio il duca di Nemours rappresentato come un fiero condottiero classico.

La statua è posta all’interno di una nicchia. Sotto di essa vi è un sarcofago di tipo classico. Sul coperchio vi sono le statue della Notte a sinistra e del Giorno a destra. La Notte è rappresentata come una giovane donna addormentata. Sul capo porta un diadema sul quale compaiono una stella e una falce di luna. Tra le gambe vi è un gufo, una corona di fiori di papavero e sotto la spalla destra è scolpita una maschera. Il Giorno invece è impersonato da un corpo maschile molto robusto. Alcun elemento simbolico accompagna la scultura che porge le spalle alla Notte.

Le sculture della Notte e del Giorno variano nella rappresentazione e nel materiale. Infatti il marmo della Notte è più chiaro mentre quello del Giorno è leggermente color ambra. Questa scelta fu determinata probabilmente dall’intenzione di sottolineare i colori dei due momenti. Anche le superfici presentano un trattamento diverso. Quella della Notte risulta molto liscia, levigata al punto da essere molto riflettente. Il Giorno invece oltre ad essere meno lucido presenta della parti in non finito. Questa tecnica fu utilizzata da Michelangelo negli ultimi anni della sua vita per rendere le sculture più poetiche. Il modellato dei corpi è poderoso come in altre sculture del maestro.

La volontà di realismo anatomico spinse Michelangelo a riprodurre attentamente le pieghe del ventre e le tensioni muscolari dei personaggi. Lo spazio intorno alla Notte si contrae chiuso nella sua posizione rannicchiata. Nel Giorno invece si espande grazie al volto della scultura che si rivolge in avanti. La statua del duca di Nemours si espone con una posizione in torsione e lo sguardo rivolto a destra verso la Madonna Medici. La struttura del monumento è fortemente simmetrica. La scultura del duca è in alto e centrale. Sotto di essa, poi si trova il sarcofago. Infine le statue della Notte e del Giorno poste specularmente e in posture quasi simili.

Nella nicchia al centro del secondo registro si trova la statua di Lorenzo de’ Medici duca di Urbino. Il duca è seduto in atteggiamento pensoso ed è rivolto a sinistra verso la statua della Madonna Medici. La fisionomia non è quella del duca. Si tratta infatti di una idealizzazione classica ed eroica di Lorenzo. Il duca di Urbino indossa infatti una divisa militare romana. Gli studiosi sottolineano la tipicità di questa postura della “melanconica”.

Nel Rinascimento era legata ad una simbologia alchemica. Inoltre fu collegata alla dottrina neoplatonica, in riferimento alla vita contemplativa. Ai lati, in basso, sono presenti la statua del Crepuscolo e dell’Aurora. Le due personificazioni rappresentano il trascorrere del tempo e del destino dell’uomo. Sempre secondo interpretazioni storiche il Crepuscolo e l’Aurora sono momenti dedicati alla meditazione quindi collegate alla posa del duca.

LO STILE DELLA SCULTURA TOMBA DI LORENZO DE’MEDICI DUCA DI URBINO DI MICHELANGELO

La statua di Lorenzo duca di Urbino è abbigliata come un generale romano di epoca imperiale. La lorica aderisce al corpo e ne segna la muscolatura. I calzari sono rappresentati sullo stinco ma i piedi sono nudi. La figura leonina presente sull’elmo deriva dall’arte etrusca ed evoca forza fisica. Secondo gli studiosi alcuni dettagli appartengono al Montorsoli come i rilievi presenti sull’armatura e sull’elmo e il piede che sporge dalla base. La mano destra posata sulla coscia e rivolta all’esterno simboleggia forse il sonno o la morte. Nella mano sinistra è trattenuto un oggetto di cui non si conosce l’esatto significato. Il dito indice portato alle labbra evoca il silenzio saturnino come il volto in penombra che richiama il dio Saturno. Infine è presente una testa di animale sopra ad una cassetta per elemosine. È un riferimento alle offerte dell’arte classica o raccomanda un atteggiamento parsimonioso.

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Chiostro dei canonici

Il Chiostro dei Canonici

Il chiostro principale della basilica prende il nome dai Canonici di San Lorenzo incaricati fin dalla fondazione della chiesa di garantire la liturgia quotidiana e di assicurare la cura delle anime.

Il suo aspetto attuale si deve ad Antonio Manetti, allievo e successore del Brunelleschi, che lo ristrutturò tra il 1457 e il 1462, probabilmente sulla base di un precedente progetto di Michelozzo, architetto di fiducia di Cosimo il Vecchio.

Ampio e armonioso, il chiostro è articolato su due ordini sorretti da eleganti colonne ioniche: il loggiato inferiore, più alto e arioso, presenta arcate a tutto sesto, mentre quello superiore è architravato.

Tutt’intorno vi si affacciavano un tempo le abitazioni del canonici e del priore e gli spazi dedicati alla vita comune, come la cucina, il refettorio e la sala del capitolo: ancora oggi possiamo osservare sopra le porte le lettere dell’alfabeto che contraddistinguevano gli alloggi.

Il chiostro più piccolo, risalente probabilmente alla fine del Trecento, rappresenta la parte più antica del complesso monumentale, l’unica che abbia conservato i caratteri della costruzione prebrunelleschiana.

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